Griselda, Venezia, Rossetti, 1735

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo magnifico della reggia destinato alle publiche udienze.
 
 GUALTIERO in trono. Popolo
 
 Gualtiero
 Questo, o popoli, è il giorno in cui le leggi
 da voi prende il re vostro. A voi fa sdegno
 vedermi assisa accanto
 donna tratta da’ boschi,
5donna avvezza a vestir rustico ammanto;
 tal Griselda a me piaque,
 tal la sdegnaste; alfine
 miro lei co’ vostr’occhi,
 decretato è il ripudio e voi ne siate
10giudici e spettatori; or che la rendo
 alle natie sue selve,
 col vostro amor quel del mio core emendo.
 
 SCENA II
 
 GRISELDA e detto
 
 Griselda
 Eccoti, sire, innanzi
 l’umil tua serva.
 Gualtiero
                                 È grave
15l’affar, per cui sul primo albor del giorno
 qui ti tragge Gualtier.
 Griselda
                                           Tutta quest’alma
 pende da’ labbri tuoi.
 Gualtiero
                                          Siedi.
 Griselda
                                                        Ubbidisco.
 Gualtiero
 Il ripetter ci giovi
 gl’andati eventi. Dimmi
20qual io fui, qual tu fosti.
 Griselda
                                              (Alto principio).
 In vil tugurio io naqui,
 tu fra gl’ostri reali.
 Gualtiero
                                     Era il tuo incarco...
 Griselda
 Pascer gl’armenti.
 Gualtiero
                                    Il mio...
 Griselda
                                                     Dar leggi al mondo.
 Gualtiero
 Come al soglio salisti?
 Griselda
25Tua bontà fu, cui piaque
 sollevarmi dal pondo
 della mia povertà vile ed abietta.
 Gualtiero
 Così al regno ti ammisi.
 Griselda
                                              E fui tua serva.
 Gualtiero
 Tal ti accolsi nel letto.
 Griselda
                                          Ed io nel core.
 Gualtiero
30(Meritar men d’un regno
 non dovea tanta fede e tant’amore).
 Prole avemmo?
 Griselda
                                Una figlia.
 Gualtiero
                                                      E tolta questa
 ti venne dalla cuna.
 Griselda
 E più non ebbi, oh dio! notizia alcuna.
 Gualtiero
35Quant’ha?
 Griselda
                       Quindeci volte
 compì d’allor l’annua carriera il sole.
 Gualtiero
 Ti affligesti?
 Griselda
                          Fu legge
 al mio duol il tuo cenno.
 Gualtiero
                                              Io fui per essa
 e carnefice e padre.
 Griselda
                                       Era tuo sangue
40e versar lo potevi a tuo piacere.
 Gualtiero
 E m’ami ancor crudel?
 Griselda
                                            Meno amar io
 non ti potrei, s’ancor versassi il mio.
 Gualtiero
 Alfin...
 Griselda
                Naque Everardo
 unica tua delizia.
 Gualtiero
                                  In sì gran tempo
45ti spiaqui? T’oltraggiai?
 Griselda
                                              Grazie sol n’ebbi.
 Gualtiero
 Di quanto feci io non mi pento. Il cielo
 testimonio mi sia. Ma pur conviene
 che i miei doni ritratti. Il re talvolta
 dee servire a’ vassalli e seco stesso
50per serbarne il dominio esser tiranno.
 Griselda
 Dove tu imperi ogni raggion condanno.
 Gualtiero
 La Tessaglia, ov’io regno,
 ubbidirmi ricusa. Ella mi sgrida
 che i talami reali abbia avviliti
55con sposare Griselda e non attende
 da’ boschi ove se’ nata il suo monarca;
 a chiamar m’ha costretto
 sposa di reggio sangue al trono, al letto.
 Griselda
 La provincia vassalla
60tanti lustri soffrì me per reggina
 ed or solo mi sdegna?
 Gualtiero
                                          Ella è gran tempo
 che ricalcitra al giogo. Io già svenai
 di stato alla raggion la cara prole;
 gl’odi alquanto sopì ma non estinse;
65or che naque Everardo, impaziente
 torna all’ire e m’insulta.
 Griselda
 S’Everardo sol rompe
 tai bei nodi d’amor, dunque Everardo... (S’alza)
 Ah no... Griselda mora.
70Son moglie, è ver, ma sono madre ancora.
 Gualtiero
 Moglie già più non sei.
 Griselda
 Mi condonna, o mio re, se troppo chiesi
 e se troppo tardai,
 forse a renderti un nome a me sì caro.
75Il tuo voler dovea
 esser norma al mio affetto. Ecco mi spoglio
 il diadema e lo scettro e a quella destra
 che mel cinse e mel diede
 riverente il ritorno.
 Gualtiero
                                      (Alma ressisti).
 Griselda
80Se ti piaccio in tal guisa
 nelle perdite ancor trovo gl’aquisti.
 
 SCENA III
 
 OTTONE e detti
 
 Ottone
 Signor or ora al porto
 giunta è la reggia sposa.
 Gualtiero
 Giunta è la reggia sposa? Addio Griselda.
 Griselda
85Così tosto mi lasci?
 Gualtiero
                                      Atteso io sono.
 Griselda
 Almeno un solo sguardo
 volgimi per pietà.
 Gualtiero
                                    Tropo mi chiedi.
 Griselda
 Dunque Gualtiero addio.
 Gualtiero
 Ti lascio (quasi dissi idolo mio). (A parte)
 
90   Se ria procella
 sorge dall’onde
 saggio nocchiero
 non si confonde
 né teme audace
95l’onda del mar.
 
    Serve il consiglio
 di guida al forte
 e della sorte
 nemica infesta
100ogni periglio
 sa superar.
 
 SCENA IV
 
 OTTONE, GRISELDA
 
 Griselda
 Ecco il tempo, in cui l’alma
 dia saggio di sé stessa.
 Ottone
 Reggina, se più badi
105più reggina non sei.
 Griselda
 (Custui quant’è importun!) (A parte)
 Ottone
                                                      Sulle tue chiome
 la corona vacilla,
 a serbartela Ottone è sol bastante,
 fido vassalo e cavaliero amante.
 Griselda
110Chi mi toglie il diadema
 mi ritoglie un suo don. Se perde il capo
 l’insegne di reggina, a me costante
 resta il cor di Griselda.
 Ottone
                                            Io se l’imponi
 anch’in braccio a Gualtiero
115svenerò chi ti toglie
 il nome di reggina e quel di moglie.
 Griselda
 Iniquo, e lo potresti? E tal mi credi?
 Ottone
 Pensa ch’in un rifiuto
 perdi troppo.
 Griselda
                            Che perdo?
 Ottone
120Regno.
 Griselda
                Che mio non era.
 Ottone
 Grandezze.
 Griselda
                        Oggetto vile.
 Ottone
 Sposo.
 Griselda
                Che meco resta
 nell’alma mia scolpito.
 Ottone
 Figlio.
 Griselda
               Mel diede il cielo ed ei mel toglie.
125Ah che purtroppo io sento
 nel lasciarti, Everardo,
 delle perdite mie tutto il tormento.
 Ottone
 Un tuo sguardo, Griselda,
 dà tempra a questo ferro ed un sol colpo
130troncherà i tuoi perigli e se ’l ricusi
 forse ti pentirai. La mia pietade
 mal conosci, Griselda, e verrà un giorno
 che sordo a’ tuoi lamenti
 anch’io mi riderò de’ tuoi tormenti.
 Griselda
135Che favellar è il tuo? L’amor, lo sdegno
 troppo confondi ed oltrepassi il segno.
 
    Brami le mie catene
 e mi rinfacci?
 Piangi delle mie pene
140e poi minacci?
 Credimi, tu sei stolto
 e non t’intendo.
 
    Tu sai ch’io son fedele
 al primo affetto
145né mai sarò crudele
 al primo oggetto.
 Ti lagni ancor
 né la raggion comprendo.
 
 SCENA V
 
 OTTONE solo
 
 Ottone
 Troppo avvezza è Griselda
150tra le porpore e ’l fasto;
 adito non le lascia a’ miei sospiri.
 Ma forse col diadema
 deporrà la fierezza
 e lontana dal soglio
155avrà forse pietà del mio cordoglio.
 
    Vede orgogliosa l’onda,
 conosce il mare infido
 e pur l’amata sponda
 saggio nochier ardito
160spera di ribacciar.
 
    Così quest’alma amante
 ad onta del rigore
 non teme, non paventa,
 costante nell’amore
165alfin più bella sorte
 spera di ritrovar.
 
 SCENA VI
 
 ROBERTO, COSTANZA
 
 Roberto
 Costanza, eccoti in porto;
 questa che premi è la Tessaglia e questa
 è l’alta reggia ove Gualtiero attende
170leggi dal ciglio tuo per darle al mondo.
 Costanza
 Ah Roberto, Roberto!
 Roberto
 Tu sospiri! Ed accogli
 mesta le tue grandezze?
 Costanza
                                              Io mi torrei
 più volentier viver privata e lunge
175da quella reggia a me di gioie avara,
 pur che di te, tu di me fossi.
 Roberto
                                                      Oh cara!
 Costanza
 Un solo de’ tuoi sguardi
 val più d’ogni grandezza.
 Roberto
 Ah, che un sol lampo appena
180dell’aureo scetro e del reale ammanto
 ti verrà a balenar sulle pupille,
 che ti parrà a quel lume
 vile l’amor che per me t’arde; e cinta
 di corona le chiome
185accostarti all’udito
 non lascierai pur di Roberto il nome.
 Costanza
 Poco, incredulo, poco
 il mio cor tu conosci
 e pur tutto il possiedi. Al cielo, ai numi
190giuro che più...
 Roberto
                               Deh taci.
 Col grado cangierai sensi e costumi.
 Costanza
 Andiam ora se vuoi,
 ov’è meno di rischio e più di pace
 verrò, se pur ti piace.
 Roberto
195No no, regna nel mondo
 come nell’alma mia; sì vil non sono
 ch’a discender dal trono io t’essortassi;
 non t’amerei, se a prezzo tal ti amassi.
 Costanza
 Pensa che giunta al regno e altrui consorte
200mi vieteran d’amarti,
 per tuo, per mio castigo, onore e fede.
 Roberto
 Lo so. Ma pur desio
 più la grandezza tua che il piacer mio.
 Costanza
 Poscia invan ti dorrai.
 Roberto
                                           La tua beltade,
205che pur amo e non spero,
 più che degna di me, degna è d’impero.
 
 SCENA VII
 
 GUALTIERO, CORRADO e detti
 
 Gualtiero
 L’arcano in te racchiudi. (Piano a Corrado)
 Corrado
 È mia cura obbedir.
 Gualtiero
                                        Bella Costanza!
 Costanza
 Mio re.
 Gualtiero
                 Qual mai ti stringo? E qual nel core
210mi nasce in abbracciarti
 tenerezza e piacer figli d’amore?
 Costanza
 Signor da tua bontà l’alma sorpresa
 tace e i timidi affetti
 più ch’il mio labbro il suo tacer palesa.
 Roberto
215(Soffri o misero cor). (A parte)
 Corrado
                                          (Mesto è il germano). (A parte)
 Gualtiero
 Omai vien meco a parte
 di quello scetro e di quegl’ostri, o bella,
 che in benefico influsso
 già destinaro al tuo natal le stelle.
220Tu pur verrai Roberto,
 o di ceppo real germe ben degno.
 Oggi da voi riceva
 ornamento la reggia e gioia il regno.
 Roberto
 Gran re, troppo mi onori.
 Gualtiero
225Andiam; più non s’induggi idolo mio. (Parte)
 Costanza
 Seguo il tuo piè. Prence...
 Roberto
                                                 Reggina...
 a due
                                                                      Addio.
 Costanza
 
    Ritorna a lusingarmi
 la mia speranza infida
 e Amor per consolarmi
230già par che scherzi e rida
 volando e vezzegiando
 intorno a questo cor.
 
    Ma poi, se ben altiero,
 il pargoletto arciero
235già fugge e lascia l’armi
 a fronte del timor.
 
 
 SCENA VIII
 
 ROBERTO e CORRADO
 
 Roberto
 German, s’avevi a tormi
 l’amabile Costanza
 perché fin da’ prim’anni
240non mi vietar d’amarla? Io l’ho perduta,
 altro ben non mi resta e non mi lice
 sperarlo più.
 Corrado
                           Roberto,
 pria che termini il dì sarai felice.
 Roberto
 Quai lusinghe? Sì chiara
245è la perdita mia che il dubitarne
 sarebbe inganno. Al reggio sguardo ahi troppo
 piaque la mia Costanza. Ed a chi mai
 non piaceria quel volto?
 Sol per mio mal le stelle,
250o pupille adorate,
 fecer me così amante e voi sì belle.
 
    Estinguere vorrei
 la fiamma ond’io sospiro
 ma se quegl’occhi miro
255ritorno a sospirar.
 
    Deh per pietade, oh dei,
 o scemate in me l’amore
 o cangiate quel rigore
 ch’è cagion del mio penar.
 
 SCENA IX
 
 CORRADO, poi GRISELDA
 
 Corrado
260Infelice Roberto ancor non sa...
 Ma Griselda s’avvanza; il reggio cenno
 s’adempisca così.
 Griselda
                                   Numi del cielo,
 che fia di me?
 Corrado
                             Griselda,
 vanne fuor della reggia; il re l’impone.
 Griselda
265Vuol ch’io parta Gualtier senza ch’il miri?
 Corrado
 Deh tosto...
 Griselda
                        Io qui l’attendo. E tu, se nulla
 ti muovono a pietà le mie querelle...
 Corrado
 Che far potrei?
 Griselda
                               Reccarmi il figlio, ond’io
 nell’ultimo congedo
270possa imprimere almeno
 su quel tenero labro un baccio solo.
 Corrado
 Sì sì, vuo’ compiacerti.
 (Chi pietà non avria di tanto duolo!) (Parte)
 
 SCENA X
 
 GRISELDA, poi CORRADO con EVERARDO, poi OTTONE nascosto
 
 Griselda
 Misera in quante guise
275m’assale il crudo fato.
 Ah sposo! Ah figlio! Ah mio destin spietato.
 Corrado
 Ecco Griselda il figlio,
 tel concedo un momento,
 t’uso questa pietà con mio periglio.
 Griselda
280Everardo, o soave
 frutto dell’amor mio,
 in te già di quest’alma
 baccio una parte; baccio
 l’imagine adorata
285del mio Gualtiero e in un sol punto io sento
 ralentarsi il rigor del mio tormento.
 Labbro vezzoso e caro...
 Corrado
 Basta.
 Griselda
               Ancora un momento...
 Corrado
 Non posso.
 Griselda
                       Ahimè! La vita
290toglimi ancor.
 Corrado
                             Invano.
 Griselda
 Chi è di cor sì spietato
 che neghi ad una madre un dolce amplesso?
 Ottone
 Il tuo Gualtiero istesso.
 Griselda
 Da labbro più odioso
295giunger non mi potea nome più caro.
 Ottone
 Io pietoso tel lascio.
 Corrado
 (Che stravaganza è questa!)
 Griselda
 Ricuso il dono.
 Ottone
                              Ingrata,
 in pena del tuo sdegno
300questo t’involerò tenero pegno. (Parte con Everardo)
 
 SCENA XI
 
 GRISELDA e CORRADO
 
 Griselda
 Ferma, t’arresta, oh dio! Rendimi il figlio.
 Corrado per pietà siegui l’indegno.
 Misera! Il figlio mio...
 Corrado
                                           Sulla mia fede
 riposa pur; non perirà.
 Griselda
                                             Qual via
305troverai per salvarlo?
 Corrado
                                          A me la cura
 di ciò lasciarne dei; vivi sicura.
 
    Alle minaccie di fiera belva
 non si spaventa buon cacciatore,
 la rete stende o impugna l’arco,
310cauto l’attende a certo varco
 e se ritorna morte le dà.
 
    Vivi sicura, che chi t’offende
 pagherà un giorno la giusta pena,
 hai l’innocenza che ti difende,
315spera ch’il fato si cangierà.
 
 SCENA XII
 
 GRISELDA sola
 
 Griselda
 Infelice Griselda!
 Che più temer poss’io? Ah che non veggio
 la raggion di sperar. Tutte a’ miei danni
 congiurano le stelle; abbandonata,
320tradita, vilipesa
 ho perduto la pace e il mio riposo.
 Ahi destino crudele! Ahi figlio! Ah sposo!
 
    Ho il cor già lacero
 da mille affanni,
325empi congiurano
 tutti a’ miei danni,
 vorrei nascondermi,
 fuggir vorrei,
 del cielo i fulmini
330mi fan tremar.
 
    Divengo stupida
 nel colpo attroce,
 non ho più lagrime,
 non ho più voce,
335non posso piangere,
 non so parlar.
 
 Fine dell’atto primo